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Con riguardo alla difficoltà di pagare le rate del mutuo

Cosa succede se decidiamo di rinegoziare il mutuo?

Dopo essermi occupato dello sfratto per morosità, da ora intendo illustrare le prospettive possibili quando non si riesce più a pagare il mutuo con cui si è acquistata la propria casa. L'argomento è molto variegato e complesso per cui ci saranno più interventi dedicati questa delicata problematica.

Nel momento in cui non si riesce più a pagare le rate del mutuo e, nello stesso tempo, non si può contare né sul sostegno finanziario dei familiari né sugli strumenti istituzionali che sono previsti per onorare i propri debiti con modalità diverse, si va incontro alla perdita della propria abitazione perché l'istituto bancario che aveva concesso il prestito chiederà all'autorità giudiziaria di venderla per ottenere ciò che le spetta.

Al fine di attenuare le conseguenze della difficoltà persistente nel fare fronte ai propri debiti si possono usare alcuni accorgimenti.

Nel momento in cui v'è una temporanea mancanza di denaro è bene contattare telefonicamente il direttore della filiale o inviargli una lettera per indicare la natura del problema, ma anche i termini in cui vi si porrà rimedio. In tal caso scatteranno gli interessi di mora (cioè da ritardo nel pagamento, che incideranno poco o niente con riguardo ad una rata) e, inevitabilmente, la segnalazione del ritardo – da parte della banca - alla Centrale dei Rischi Finanziari (il che potrebbe rendere difficoltoso l'ottenimento di altri prestiti per un circa un anno).

Se, però, la difficoltà a pagare le rate del mutuo non dovesse essere temporanea ci sono due alternative percorribili:

  • si mette in la vendita l'immobile (per quanto possibile senza tentennare) per acquistarne uno meno costoso, ma – comunque - assistito da un mutuo dimensionato alla nuova capacità di rimborso

    oppure

  • si richiede l'allungamento del mutuo mediante la rinegoziazione con la banca per estendere la durata residua del rimborso; in tal modo si abbassa la rata e non servirà neppure l'intervento del notaio; una valida ed economica alternativa alla ben più costosa soluzione – detta sostituzione – che consiste nella cancellazione del mutuo precedente e contemporanea concessione di un nuovo mutuo di durata più lunga.

La sostituzione e la rinegoziazione del mutuo, contrariamente a quanto si ritiene generalmente, non sono la stessa cosa: la differenza tra le due è importante, specie in considerazione della diversa flessibilità e dei consistenti risvolti economici connessi ad ognuno di esse.

La rinegoziazione del mutuo è solo la modifica di alcune clausole contrattuali (ad esempio la durata residuale del rimborso o il tipo di tasso applicato), per cui essa vedrà come protagonisti i contraenti originari (banca e mutuatario, cioè, non possono cambiare): in fondo è un ritocco alle condizioni di un contratto che manterrà in vita il rapporto di mutuo instaurato all'epoca con l'istituto di credito.

La sostituzione, invece, è l'estinzione del vecchio debito cui fa seguito un nuovo prestito: infatti, si scioglie il rapporto obbligatorio sorto quando si è stipulato il primo contratto di mutuo e se ne costituisce uno nuovo cosicché i contraenti possono restare gli stessi (o anche mutare), l'importo può aumentare e perfino la banca può essere diversa da quella originaria (la normativa consente di cambiare l'ente dal quale vogliamo ricevere il finanziamento che ci occorre).

A questo punto è bene aggiungere altre informazioni volte a descrivere completamente le due alternative di modo che sia, per quanto possibile, agevole decidere qual è la soluzione migliore da adottare considerando il caso specifico. In questa occasione, lo facciamo con riguardo alla rinegoziazione.

La rinegoziazione si può fare anche con un semplice scambio di corrispondenza tra banca e cliente e non richiede la presenza del notaio. Inoltre, la legge 244 del 24 dicembre 2007 stabilisce a tal riguardo che ci si può accordare tra creditore originario e debitore sulla variazione - senza spese - delle condizioni del contratto di mutuo in essere con scrittura predisposta da loro stessi (che non richiede di essere autenticata: senza, cioè, che sia presente un pubblico ufficiale).

La modifica delle condizioni contrattuali non può essere imposta ad alcuna delle parti e perciò la rinegoziazione risulta possibile solo quando banca e debitore sono concordi sulle variazioni da apportare. Ci sono, però, degli aspetti che la legge impone di cambiare - come nel caso della clausola penale di estinzione (di chiusura del rapporto credito-debito) anticipata, che deve rispettare certi limiti prestabiliti – a cui la banca non può dire di no.

Peraltro, fiscalmente i benefici preesistenti no si perderanno

Se la propria banca non dovesse acconsentire, ci si può rivolgere ad un'altra banca sfruttando la portabilità del mutuo (il debitore – mutuatario – che ha acquistato una casa può trasferire il suo debito ad un'altra banca che gli propone condizioni migliori, senza sopportare costi per le formalità della sostituzione: così la legge Bersani, la n. 40/2007) così da evitare tutte le spese e, nel contempo, da apportare tutte le variazioni consentite dalla rinegoziazione.

Ricordiamo al riguardo di tale opportunità che vi è stata la firma di una convenzione tra l'Associazione Bancaria Italiana (ABI) e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, introdotta dal Decreto Legge 93/2008, che ha stabilito che le banche ad essa aderenti si rendano assolutamente disponibili a rinegoziare i mutui a tasso variabile stipulati prima del 29 maggio 2008 e destinati all'acquisto, costruzione e ristrutturazione della cosiddetta prima casa.

Vediamo, ora, gli effetti.

Con la rinegoziazione, che è definita dalla ricordata convenzione, si ha un allungamento della durata residua del mutuo in essere fino al punto in cui la rata raggiunge i livelli individuati in essa stessa.

Quanto agli interessi, questi continuano ad essere calcolati a tasso variabile e con i medesimi criteri precedenti: ricorrendo a tale nuova logica se i tassi si alzassero ancora la durata continuerebbe ad allungarsi, incrementando ulteriormente la spesa; al contrario, con il verificarsi di una flessione dei tassi la durata comincerebbe a ridursi, contenendo di conseguenza il costo degli interessi.

Se si sceglie la rinegoziazione proposta si dovrà continuare a pagare la rata fissa ad oltranza finché si sarà rimborsato il debito del mutuo originario e tutte le somme ulteriori che dovessero essere addebitate insieme agli interessi da esse prodotti; salvo che esso risultasse a credito, provocando in quel caso la riduzione della durata del mutuo ridefinita con la rinegoziazione.

Eventuali rate arretrate verrebbero addebitate anch'esse sul Conto Accessorio, allungando ulteriormente la durata globale del rimborso e comportando nuovi interessi.

La rinegoziazione avrà effetto dalla prima rata in scadenza nel 2009 in poi.

In verità la rinegoziazione non permette di stabilire in piena autonomia tutti gli aspetti del nuovo mutuo e non dà al mutuatario (debitore, acquirente della casa, in difficoltà) particolari vantaggi finanziar: quindi è preferibile utilizzare la portabilità, che è più flessibile e, così, può decidere, per esempio, di passare al tasso fisso, come anche stabilire una durata residua più gradita di quella proposta in base alla normativa.

Consiglio conclusivo: ci si rivolga a più banche così da porsi nella condizione di poter meglio valutare e, così, individuare il trattamento più vantaggioso.

La prossima volta si valuterà se è meglio sostituire il contratto di mutuo, anziché rinegoziarlo.

 
© michelangelo, martedì 3 settembre 2013